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Channel: Architettura Ecosostenibile: bioarchitettura, design e sostenibilità
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Tetti verdi: le piante più adatte ai green roof

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Il Giardino botanico di Chicago  ha reso pubblici i risultati di una ricerca sui tetti verdi con cui sono state valutate quali sono le piante più adatte ai green roof.

COME PROGETTARE UN TETTO GIARDINO

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La valutazione ha interessato ben 216 specie di piante ed è stato il più approfondito studio sull’argomento. Le piante sono state vagliate sia sui tetti verdi intensivi (strato di terra da 7 a 14 cm) sia sui tetti verdi estensivi (strato di terra da 15 a 20 cm).

Tutte le analisi e le sperimentazioni sono state condotte presso il Conservation Science Center Plant, un laboratorio certificato LEED Gold della superficie di ben 3500 mq, con due tetti verdi da 750 mq, esposti uno a nord ed uno a sud.

I laboratori posti sulle coperture riescono a monitorare:

  • La temperatura dell'aria interna appena sotto il piano di calpestio del tetto
  • Temperatura dell'aria esterna sopra del suolo e sopra il tetto rialzato
  • La temperatura del suolo a varie profondità e l'isolamento del tetto
  • Flusso di calore del suolo
  • Radiazione solare
  • Umidità e vento sopra il tetto rialzato
  • Precipitazione

Il datalogger CR1000 (collegato a due camere CR800 con rispettivi sensori) si collega alla rete Ethernet dell'edificio, e il software LoggerNet raccoglie i dati; analizzando poi le informazioni generate, i ricercatori hanno potuto determinare i benefici dei diversi tipi di giardini pensili. Si sono potuti confrontare anche i risultati di vari spessori suolo, le diverse quantità di acqua, e, soprattutto, le diverse reazioni dei vari tipi di piante. Con così tanti dati resi disponibili, i progettisti dei garden roof sono stati in grado di fare dei confronti sperimentali su altri giardini della stessa tipologia.  

I PARAMETRI DI VALUTAZIONE

I parametri di valutazione per la scelta delle piante per i tetti verdi sono stati i seguenti:

  • la sopravvivenza complessiva,
  • la salute ed il vigore
  • la tolleranza del caldo e della siccità
  • la resistenza al freddo
  • la sopravvivenza nell’intero periodo di valutazione

Richard Hawkedirettore della valutazione dell’impianto del giardino botanico di Chicago ha spiegato che “In ultima analisi, il successo del tetto verde è dovuto al successo delle piante che crescono su di esso. […] Gli studi sulle piante come quelli intrapresi qui sono fondamentali per approfondire le informazioni riguardo le piante migliori per la coltura del green roof.”

LE PIANTE PIÙ ADATTE AI TETTI VERDI

La ricerca per capire quali fossero le piante più adatte ai tetti verdi è durata cinque anni durante i quali varie piante sono state valutate.  Alla fine sono state nove specie vegetali a raggiungere il punteggio massimo (5 stelle su 5) per aver dato prova delle migliori prestazioni di sopravvivenza e di adattamento:

caption: Antennaria dioica

caption: Calamintha Nepeta ssp. Nepeta

caption: Juniperus chinensis var. sargentii ‘Viridis"

caption: Phlox sublata "Apple Blossom"

caption: Phlox subulata "Emerald Blue"

caption: Phlox subulata "Snowflake"

caption: Rhus aromatica "Gro-Low"

caption: Sporobolus heterolepis

caption: Sporobolus heterolepis "Tara"

Il Giardino Botanico di Chicago sta continuando nelle sue ricerche per trovare nuove soluzioni e fare ulteriori scoperte in merito ai Green roof. Un settore importante dell’architettura ecosostenibile e, come cita un motto dei Giardini Botanici di Chicago, "Salva le piante. Salva il pianeta".


Architettura utopica: i progetti sostenibili di Vincent Callebaut

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La connessione tra architettura e utopia, nella cultura occidentale, è caratterizzata da fondamenta molto radicate.

L’utopia è prima di tutto il progetto di una società ideale; possiamo trovare riferimento a luoghi felici nel dialogo platonico della città ideale, ma solo con Thomas More, XVI secolo, venne introdotto il senso del termine com’è conosciuto oggi. Oggi l'opera visionaria di Vincent Callebaut unisce ricerca formale alla riflessione sui temi dell'ecologia.

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L'architettura utopica nel passato

Platone faceva riferimento a progetti che avrebbero dovuto tenere conto di tutti gli aspetti delle attività umane, compreso il rapporto con la natura, descrivendo un’architettura in armonia con quella greca del suo tempo.

More, invece, nei suoi trattati spiega di trovarsi in disaccordo con l’architettura moderna, che a suo giudizio simboleggiava unicamente le strutture di potere. Le sue idee per la realizzazione di una società utopica variano continuamente, trovandosi spesso a contestare/proporre l’ornamento in genere, e quello prodotto dalla presenza della natura.

Se spostiamo lo sguardo all’attività architettonica più recente, possiamo trovare alcuni riferimenti tra i progetti dei pionieri dell’architettura contemporanea. L’organico Wright progetta la sua Usonia per descrivere un particolare Nuovo Mondo libero da tutte le precedenti convenzioni architettoniche, Le Corbusier studia una città con tre milioni di abitanti, standardizzata fin nei minimi spazi, mentre Sant’Elia nel 1914, con La Città Nuova, riesce ad esaltare il concetto della verticalità con disegni di grattacieli che mettono in relazione tra loro servizi e funzioni.

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Questi tre studiosi, resisi conto delle enormi potenzialità di una progettazione consapevole propongono alcune idee per modificare lo sviluppo della società. Anche se molto distanti tra loro, per forme e concezioni, i loro progetti, mirano al cambiamento di un sistema antropico che si è evoluto in un modo insostenibile, e che viene ritenuto il principale responsabile della crisi ecologica globale.

Il principio utopico utilizzato in architettura, si trova oggi, spesso accostato al prefisso eco. Il tema di questa programmazione ideale, e forse troppo futuristica, viene portato avanti dagli anni Ottanta da Jacque Fresco e dal suo “The Venus Project”

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Noi, come architetti e progettisti del XXI secolo, dobbiamo tentare di accelerare il processo naturale e cicatrizzare le ferite degli ecosistemi attraverso tecniche pluridisciplinari di architettura e ingegneria ecologica. Di fronte all'esaurimento delle risorse naturali, la distruzione degli ecosistemi, la riduzione della biodiversità, l'inquinamento delle acque, la concentrazione del gas ad effetto serra e il riscaldamento globale, si possono trovare efficaci strumenti di rinaturalizzazione come le energie rinnovabili (solare, eolica, idraulica, geotermica) e le biotecnologie (bio-mimetismo, bio-risanamento, genetica).

I progetti utopici e sostenibili di Vincent Callebaut

Nonostante i progetti di Fresco risultino ancora oggi molto avvincenti e futuristici, immagino che pochi rimarranno impassibili davanti ai progetti di Vincent Callebaut. I concetti espressi, le analisi e le interazioni tra gli elementi, naturali e artificiali, all’interno dei suoi progetti, lo rendono l’architetto eco-utopico più attivo dei nostri tempi. Tutti i suoi progetti sono riconoscibili poiché presentano forme d’avanguardia e pongono una “maniacale” attenzione alle tematiche ambientali.

Hydrogenase

Hydrogenase, ad esempio, è un progetto dello studio parigino di Callebaut, per la zona meridionale del mare della Cina. Questi complessi che si attestano tra ingegneria e biologia, saranno energeticamente autosufficienti e a zero emissioni di carbonio. Attraverso l’utilizzo dell’Idrogeno, ottenuto dalla fotosintesi di alcune alghe, questi edifici saranno in grado di sollevarsi e spostarsi dalla loro piattaforma (costruibile in qualsiasi punto del globo, oceano o deserto che sia). Si stima che queste fattorie di micro-alghe saranno in grado di produrre oltre 1000 litri di Idrogeno ogni 330 grammi di clorofilla (un ettaro di alghe potrebbe produrre 120 volte il quantitativo di biocarburanti prodotto da un ettaro di soia o di girasole). Inoltre, una fattoria di alghe è una vera e propria stazione in miniatura capace di assorbire grandi quantità di CO2 accelerando il processo di fotosintesi, e consumando oltre l’80% del gas carbonico prodotto dal complesso. L’edificio si ispira alle tecnologie della biomimetica e vanta un leggerissimo e resistentissimo materiale composito (fibra di vetro e carbonio) che ha lo scopo di ridurre al massimo il peso della sua struttura. La pelle del complesso, sarà composta da strati intelligenti, ispirati alla pelle dello squalo che oltre ad essere autopulenti, soddisfano i requisiti di sostenibilità.

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La struttura della torre pneumatica, è composta da quattro grandi archi, che in superficie sono coperti da scudi solari termici e fotovoltaici con integrate 20 pale eoliche che passando dalla normale posizione verticale, alla posizione orizzontale, sono in grado di far decollare il dirigibile e farlo spostare ad un massimo di 175 km/h, per distanze massime di 10.000 km a 2000 metri di altezza.

Sotto la piattaforma, trovano alloggiamento 32 idro-turbine che trasformano l’energia delle maree e delle correnti marine in energia elettrica.

Questo dirigibile semirigido non pressurizzato si estende verticalmente attorno ad una colonna vertebrale di 400 m di altezza, con archi che arrivano a ricoprire oltre 180 m di diametro, il tutto a formare come un grande fiore, che divide a croce i vari spazi che accoglie abitazioni, uffici, laboratori scientifici o di intrattenimento. Sul gambo trovano spazio i servizi per gli spostamenti verticali, i locali tecnici e i magazzini merci.

Questo progetto segna inoltre l’inizio di una nuova era per i dirigibili ibridi, può essere costruito e quindi utilizzato per missioni umanitarie, operazioni di soccorso, trasporto aereo, eco turismo, hotel e sorveglianza delle acque territoriali.

I progetti di Lilypad, Dragonfly e Flavours Orchard

In caso il tema vi abbia incuriosito a dovere, consiglierei di visitare il sito di Vincent Callebaut e leggere le schede progettuali di Lilypad, Dragonfly e Flavours Orchard.

Il sito, inoltre, nella sezione "Profile", raccoglie una serie di saggi che vi porteranno a capire l’essenza del lavoro dell’architetto e vi trasporteranno in un fantastico sogno eco-utopico.

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La domotica per una gestione intelligente dell’edificio. Tutti i vantaggi

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Spesso, erroneamente, si crede che una progettazione architettonica attenta sia sufficiente a garantire una riduzione dei consumi energetici degli edifici. Si sottovalutano gli aspetti di gestione, talvolta responsabili di ingenti perdite di calore e di elevati consumi energetici.

L’utente, che utilizza l’edificio e lo gestisce (dal semplice gesto di apertura e chiusura delle finestre alla scelta dell’accensione del riscaldamento) è responsabile tanto quanto il progettista del successo (in termini energetici) del progetto.

In copertina: Female hand holding black mobile smart phone di Alexey Boldin, via Shuttersock.

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L’utente e la gestione dell’edificio: il caso del Quartiere Casanova

In tal senso è rilevante il caso del Quartiere Casanova di Bolzano, un progetto modello di 950 appartamenti, tutti certificati in classe A, con consumi che si discostavano così tanto da quelli di progetto da portare l’EURAC, Istituto per le energie rinnovabili di Bolzano, ad effettuare una verifica. È stato rilevato che gli appartamenti non presentavano alcune pecche dal punto di vista progettuale: erano stati realizzati secondo disegni e specifiche elaborati dagli architetti, ma le abitudini degli inquilini (l’errata regolazione dei termostati, l’arbitraria apertura di finestre e lo spreco d’acqua) erano tali da giustificare i consumi extra.

La domotica per una gestione intelligente dell’edificio

Gestendo l’edificio in modo più efficace se ne potrebbero controllare e ridurre i consumi, con un conseguente beneficio in termini economici ed ambientali. È per questo e non solo che nasce la domotica: la disciplina che studia e sviluppa le tecnologie in grado di migliorare i livelli di comfort nelle abitazioni, ridurre gli sprechi energetici e rendere le abitazioni più sicure. La domotica, in sintesi, ottimizza la fruizione del proprio habitat.

Altri vantaggi di un impianto domotico

  • Sicurezza – con la domotica è possibile registrare delle informazioni sull’edificio che ne aumentino il livello di sicurezza. Per esempio, impostando la chiusura automatica delle valvole che comandano la fuoriuscita dell’acqua e spegnendo le prese che controllano gli elettrodomestici si può bloccare un allagamento ed evitare che causi danni ingenti. Un impianto anti intrusione con sensori di movimento, di volume o infrarossi, allarmi telefonici e satellitari, può scongiurare il rischio di un furto in abitazione. Anche gli ingressi all’abitazione possono essere regolati come indicato a questa pagina dove trovare tutto sull’automazione cancelli. Anche delle fughe di gas possono essere bloccate, il sistema di ventilazione attivato, le finestre aperte, le prese comandate bloccate per evitare esplosioni; 
  • Accessibilità – la domotica può aiutare le persone disabili, gli anziani e chi ha una ridotta capacità motoria a compiere le azioni quotidiane con più semplicità. Basti pensare a sistemi a comando vocale per attivare apparecchi elettronici, accendere le luci, spegnere l’aria condizionata, o ad unità programmabili collegate a carrozzine o letti elettrici con cui controllare non solo la propria mobilità ma anche l’ambiente circostante, per una maggiore autonomia; 
  • Intrattenimento – attraverso telecomandi, pannelli touch screen, ma anche dal proprio cellulare, è possibile gestire una serie di servizi per l’intrattenimento come l’impianto audio della casa, l’home theater, l’accesso ad internet, la registrazione di programmi in tv.
  • Risparmio energetico – con la domotica e la gestione intelligente di apparecchiature per la climatizzazione, impianti ed elettrodomestici, è possibile risparmiare energia.

Domotica e risparmio energetico

Con la domotica è possibile per esempio attivare apparecchiature ed impianti solo in determinate circostanze o in precisati orari così da risparmiare energia e denaro. È il caso degli elettrodomestici, per cui è possibile stabilire l’accesione solo in alcune fasce orarie, o dell’impianto di riscaldamento, che può essere impostato in modo che si attivi solo per determinate temperature. Anche i sensori di presenza che attivano le luci della casa sono parte della domotica, come pure un sistema per cui, superato il tetto massimo di spesa mensile, le apparecchiature elettroniche si disattivano in un ordine stabilito. Sono solo alcuni esempi del risparmio energetico che si può ottenere sfruttando la domotica.

Tale risparmio energetico è misurabile con un sistema introdotto dalla norma CEN UNI EN15232 “Energy performance of buildings-Impact of Building Automation, Controls and Building Management” (Prestazione energetica degli edifici – Incidenza dell’automazione. La norma evidenza come i sistemi di controllo e automazione degli edifici, agendo principalmente su riscaldamento e raffrescamento, ventilazione, produzione di acqua calda e illuminazione, comportino una riduzione dei consumi energetici.

La norma propone due metodi di calcolo: calcolo dettagliato e quello più semplice e diffuso che è il “Metodo dei coefficienti di correzione” (BAC factors) basato su simulazioni e rilievi sperimentali, offre un accettabile grado di approssimazione.

Caminetti a bioetanolo: funzionamento, efficienza, normativa italiana

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Ogni inverno si pensa a strategie da adottate nelle abitazioni per riscaldarle e mantenerle calde evitando grandi sforzi economici, oltre che cercando di contribuire alla riduzione di emissioni di CO2 e di polveri sottili in atmosfera. I caminetti a bioetanolo sono un'ottima soluzione da integrare al preesistente sistema di riscaldamento, per il basso impatto ambientale e il valore estetico che aggiunge agli ambienti domestici.

COME SCEGLIERE IL SISTEMA DI RISCALDAMENTO PIÙ ADATTO

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In Italia si stima che ogni anno siano circa 20.000 i casi di incendio legati a malfunzionamento di stufe e caminetti. A fronte di questi dati, prima dell’inizio della stagione invernale occorre manutenere o quantomeno revisionare il sistema di riscaldamento per evitare danni. Oggi il mercato offre soluzioni di diversa tipologia per chi pensa ad un nuovo impianto domestico: tra queste il cosiddetto caminetto ecologico.

Sul mercato ormai ve ne sono molte varietà che si differenziano tra loro soprattutto in termini di efficienza e impatto ambientale ma anche per altri particolari. 

Tra le opzioni più complete c’è la possibilità di installare camini o stufe connessi a canalizzazioni che permettono di diffondere il calore in tutti gli ambienti, senza disperdere i benefici della combustione. 

I caminetti a bioetanolo

Rispetto a tutti gli altri sistemi di riscaldamento di tipo “bio”, i caminetti a bioetanolo sono quelli che possono essere definiti “ecologici” poichè alimentati da una fonte che non aggiunge nell’aria prodotti nocivi derivanti dalla combustione del petrolio, carbone, gas, né polveri sottili derivanti dalla combustione delle biomasse solide quali legna, pellet, ecc.

Se la scelta dell’impianto riguarda, oltre che un’integrazione del sistema di riscaldamento anche un valore dal punto di vista estetico allora il caminetto ecologico a bio etanolo è l’ideale, visto che non ha la pretesa di risolvere il problema riscaldamento: non è infatti progettato per sostituirsi ad un impianto di riscaldamento completo, bensì è un'ottima integrazione a basso costo, che permette di riscaldare ambienti domestici specifici, senza l’incomodo di dover trasportare legna o avere una canna fumaria di dimensioni notevoli e sempre pulita per consentire il tiraggio, unendo così funzionalità e valore estetico .

I caminetti ecologici  sono sistemi a fiamma libera che richiedono una presa d'aria esterna per apportare il necessario ricambio di ossigeno all'interno degli ambienti. 

Il funzionamento dei camini a bioetanolo

Il bioetanolo è composto da alcool etilico denaturato ottenuto attraverso la fermentazione di biomasse dalla quale si ottengono sostanze zuccherine di origine vegetali (patate, mais, vinacce, barbabietola da zucchero etc…).

Il funzionamento del caminetto a bioetanolo segue ilprincipio della vecchia spiritiera (o fornello ad alcool): l'alcool è contenuto in un serbatoio mentre pietre porose, che funzionano come il tradizionale stoppino, sono imbevute di questa sostanza consentendo la combustione dei suoi vapori.

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Si tratta di una combustione che genera solo CO2 e vapore acqueo, perciò i caminetti ecologici non necessitano di canna fumaria.

Inoltre la resa calorifica è enorme visto che le tradizionali canne fumarie portano fuori oltre ai prodotti di combustione anche una notevole quantità del calore prodotto dalla combustione. In genere:

  • 1 Litro di bio etanolo produce una fiamma che dura dalle 3 alle 5 ore in base tipo di bruciatore;
  • 1 Litro di Bio combustibile produce circa 3-4 kW/h.

 Tipologie di camini a bioetanolo

In commercio sono disponibili molti modelli di caminetti a bioetanolo, ma il campo si restringere a tre tipologie fondamentali:

  • caminetti a bioetanolo da terra (a ridosso di una parete)

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  • caminetti a bioetanolo ad isola (posizionabili in qualsiasi punto del pavimento di un ambiente e, all’occorrenza, dotati di ruote per essere spostati);

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  • caminetti a bioetanolo sospesi (a ridosso di pareti o collocati in posizione sospesa come se fossero dei quadri);

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La sicurezza dei caminetti a bioetanolo

Come si è evidenziato, i caminetti ecologici necessitano di una presa di aria esterna, visto che la combustione è in grado di consumare a lungo andare l’ossigeno.

I caminetti ecologici, infatti, non sono particolarmente complicati da installare e l’installazione può essere fatta a cura dell’acquirente, poiché sono dotati di elementi singoli assemblabili in maniera semplice seguendo le istruzioni date dal fornitore, salvo che non ci sia necessità di effettuare particolari lavori di preinstallazione, come opere murarie.

La normativa italiana

Il CTI - Comitato Termotecnico Italiano ha messo a punto la norma UNI 11518 che regola i requisiti di sicurezza, le caratteristiche, i metodi di prova e le indicazioni tecniche e funzionali dei camini a bioetanolo in forma liquida o gel, utilizzati a scopo decorativo e con funzionamento intermittente.

Quando acquistate questi apparecchi, verificate che abbiano  l'etichettattura e la documentazione che ne attesti la conformità alla norma UNI 11518, la placca segnaletica delle caratteristiche dell'apparecchio (consumo orario, tipo di combustibile, nome e indirizzo del fabbricante), la placchetta di sicurezza che fornisce informazioni sul caricamento (posta vicino al serbatoio) e i relativi manuali di manutenzione, installazione ed uso.

Super Skyscrapers: nuova vita ai vecchi container

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Affrontare la carenza di alloggi in regioni sovrappopolate, è stato questo il tema del recente concorso denominato SuperSkyScrapers svoltosi nella città di Mumbai, in India, che ha visto impiegati diversi studi d'architettura nell'elaborazione di un progetto che potesse rispondere a questa imminente necessità combinandola, contemporaneamente, con l'obiettivo di dare un contributo all'ambiente e garantire uno sviluppo sostenibile.

PERCHÉ COSTRUIRE EDIFICI CON I CONTAINER

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I VINCITORI DEL CONCORSO

Ad aver vinto il concorso internazionale circa queste idee per l'edilizia abitativa negli slum indiani è stato il progetto per un grattacielo di 32 piani dello Studio Ganti+associates che si sono aggiudicati il primato presentando un ambizioso progetto curato in ogni dettaglio con l'idea di riutilizzare i container navali nel campo dell'architettura. Tale progetto è stato giudicato come risultato di una profonda comprensione globale di tutte le componenti che entrano in gioco nel disegno di un progetto: comprensione del sito, rispetto della comunità e della propria cultura e soprattutto la sua necessità di garantire migliori condizioni di vita.

Dichiarato una proposta che giustamente affronta i temi della sostenibilità, del consumo energetico, dell'illuminazione e della ventilazione naturale, il progetto è stato giudicato vincente in quanto soluzione semplice e convincente per forma, configurazione e funzione. Nasce dunque così, da un principio compositivo apparentemente casuale, un vero e proprio organismo architettonico capace di toccare i temi del riciclo e della sostenibilità, nonché di bellezza ed eleganza.

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IL PROGETTO DEL GRATTACIELO DI CONTAINER

Proprio come nel gioco del tetris queste piccole unità elementari arrivano a combinarsi in modi continuamente differenti dando vita a nuovi organismi riciclati e sostenibili, non rinunciando ad esprimere un alto valore estetico.

Il punto di forza di tale proposta progettuale non è che la facilità con cui le cellule abitative possono combinarsi ed autoportarsi: questi corpi elementari presentano la caratteristica di poter essere impilati senza alcun sostegno fino ad un numero di 16 volte se vuoti, e 10 nel caso in cui siano riempiti. Al fine di rendere la struttura utilizzabile in ambito residenziale, la scelta progettuale è stata quella di erigere teli portanti collegati con travi d'acciaio ogni 8 piani, senza dunque  dover necessariamente adoperare grandi sostegni aggiuntivi.

Questo nuovo grattacielo presenta una struttura capace di elevarsi per oltre 100 metri, mostrando una grande flessibilità planimetrica per stratificazione orizzontale, ottenuta dal continuo diverso accostamento di queste unità elementari che vengono tagliate, conformate e combinate secondo necessità.

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ORGANIZZAZIONE DELLA CELLULA ABITATIVA

Nonostante i numerosi spazi ridotti, nati dalla combinazione di questi tasselli colorati della misura di 12mx2,6mx2,4, il progetto garantisce abitazioni confortevoli per famiglie fino a quattro componenti. Entrando nello specifico nell'analisi di una tipologia abitativa, i primi ambienti che si incontrano nel container d'ingresso sono una sala da pranzo ed un soggiorno, seguiti dalla seconda unità elementare capace di ospitare una camera da letto per due bambini, un bagno ed un piccolo studio. Il terzo ed ultimo container, invece, è l'ambiente destinato alla camera matrimoniale, un bagno ed una cucina.

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CRITERI DI SOSTENIBILITÀ

Tutto viene studiato nel dettaglio, nessun aspetto progettuale viene tralasciato e grande importanza viene riservata ai metodi sostenibili per garantire il massimo rendimento di questa macchina abitativa. Sistemi per il raffrescamento passivo garantiscono la possibilità di arieggiare la struttura e favorire la ventilazione naturale attraverso una serie di pianerottoli che si configurano come passaggi riparati da schermi forati in laterizio.

Infine, l'inserimento nel lato ovest di una serie di pannelli solari, affiancati alla sapiente tecnologia delle turbine eoliche presenti nel lato opposto, riescono a coprire tutti i consumi di questo grande organismo architettonico.

Anche se i container non sono più i nuovi protagonisti del riutilizzo nel campo dell'architettura, grazie alla facilità di creare un vero e proprio processo compositivo, il loro utilizzo nelle costruzioni  è ancora ampiamente diffuso. L’effettiva flessibilità del modulo unita ad un sistema a secco sempre più gettonato sono gli elementi chiave che ne hanno permesso il forte sviluppo negli ultimi anni. Sebbene anch’essi risentano particolarmente del processo mediatico, che li ha portati in breve tempo al successo e in altrettanto breve tempo ad essere quasi dimenticati, i diversi campi, in cui la loro applicazione è possibile, ha permesso a queste strutture di trovare spazio in quei contesti particolarmente difficili dal punto di vista delle risorse a disposizione.

In questo senso il progetto dello Studio Ganti+associates è riuscito a dare una risposta forte alle esigenze dell’abitare, non dimenticando mai l’importanza del contesto in cui si va ad operare e garantendo un risultato capace di dare risposta all’esigenza dell’abitare.

Costruzioni in scala reale con mattoncini Lego

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I processi costruttivi dell’architettura contemporanea, evolvendosi, per ragioni di sostenibilità, tendono sempre più a industrializzare tecniche e procedure compositive per preservare al meglio l’ambiente e le risorse che in esso possiamo trovare. Il concetto di modulo, spesso esasperato, viene utilizzato per generare proporzioni equilibrate di edifici o di insiemi di edifici. Se ripensiamo all’architettura classica, ci riferiamo ad un solo ed unico modulo, il diametro della colonna. Oggi questo concetto, ampiamente rielaborato e modificato per necessità ed estro, può prendere varie forme e legarsi alle dimensioni di un mattone, di una balletta di paglia, di un container, di un tubo di cartone…

UN'ABITAZIONE CONCEPITA COME UNA COSTRUZIONE DI LEGO

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Un ragionamento un po’ più fanciullesco è stato fatto da alcune aziende che si sono messe a produrre mattoni di plastica che come i lego, uniti tramite incastri, possono formare strutture per interni ed esterni.

Questo strumento è come un giocattolo; proposti in forme e colori diversi, per meglio adattarsi alle esigenze, alle idee e alle abilità degli acquirenti, questi blocchi in polipropilene autoestinguente possono essere utilizzati con estrema facilità per costruire mobili, pareti, scaffali, banconi, intere stanze o strutture perfettamente funzionanti. I mattoncini infatti possono essere assemblati come tutti gli altri componenti modulari, ma in scala più ampia. L’unico limite di questi componenti sta nella dimensione dell’oggetto finale. La costruzione a questa scala non discrimina la semplicità compositiva, che rimane invariata; rimane da dire però, che il crollo di una parete di una decina di centimetri di altezza non è minimamente da paragonare a ciò che potrebbe provocare la caduta di una parete di tre metri.

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La costruzione con questi blocchi non è particolarmente impegnativa o di difficile esecuzione; giustamente però, le domande di molti utenti riguardano la stabilità e alcuni problemi a essa connessi. Costruire una struttura con muri portanti significa seguire lo stesso iter per la costruzione di una classica muratura armata in laterizio, usando i cavedi preposti all’interno dei blocchi in plastica come alloggio di barre in acciaio che hanno il compito di legare al meglio il piede del muro con la sommità e aumentarne la stabilità strutturale. Come ultima prescrizione, vale la classica regola delle costruzioni con mattoni o simili; il corretto assemblaggio avviene coprendo la giunzione tra le teste dei blocchi della fila sottostante con un mattoncino.

Il cavedio del mattone in plastica, può essere utilizzato, in caso di assemblaggio di elementi di arredamento o partizioni interne, per l’inserimento di piccoli impianti, di modo da non dover più ricorrere alle tracciature.

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Globalmente, l’idea di riproporre un elemento che fa parte della nostra infanzia, ma ad una scala più ampia, è decisamente da perorare. Questi blocchetti prefabbricati un giorno potrebbero aiutare a costruire moduli (pensiamo ai rifugi di emergenza) con una velocità ed una semplicità strabilianti riuscendo magari a coinvolgere più persone in quello che potrebbe diventare il gioco delle costruzioni modulari.

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Come realizzare un biolago: una piscina fitodepurata e balneabile

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Esistono piscine che non hanno bisogno di cloro per depurarsi, ma di piante. Il cui fondale non è di un finto azzurro splendente e in cui, appoggiandosi ai bordi, non si incorre nel duro e freddo cemento. Sono le piscine bio, quelle fitodepurate, in grado di mantenere pulita l’acqua senza l’utilizzo di sostanze chimiche. Accade grazie al filtraggio biologico affidato a delle specifiche piante acquatiche (macrofite) che riescono a rimuovere la materia organica presente nell’acqua e sfruttarla per la propria crescita. Nell’articolo capiremo quali sono gli elementi che servono per realizzare un biolago e come costruirne uno.

COMPONENTI E FUNZIONAMENTO DI UNA PISCINA BIO

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Come quella inaugurata nell’estate del 2015 a Londra, nei pressi della stazione di Kings Cross, le piscine fitodepurate, chiamate anche biolaghi, possono essere utilizzate tutto l’anno e non sono soggette alle operazioni di manutenzioni tipiche delle piscine tradizionali (svuotamento o copertura nella stagione invernale) ma, accoppiata all’azione filtrante delle acque, richiedono una pulizia manuale per evitare l’eccessiva formazione di alghe.

ELEMENTI NECESSARI PER REALIZZARE UNA PISCINA FITODEPURATA

Per sapere come realizzare un biolago, o piscina fitodepurata, ci siamo affidati agli esperti di Rifare Casa, che ci hanno indicato i passi fondamentali da seguire e gli elementi che non possono mancare quando si sceglie di optare per un elemento più naturale anziché una piscina tradizionale.

Individuazione del luogo  e scavo

È importante scegliere accuratamente il luogo dove iniziare lo scavo. Questo deve essere quanto più possibile (almeno 8 metri) lontano da alberi e corpi fissi ombreggianti in modo da evitare sia che le foglie cadute si depositino sulla superficie del biolago, sia perché l’ombra rallenta e talvolta impedisce la crescita delle piante acquatiche a cui è affidato l’importante compito di depurare le acque del biolago.

Una volta individuato il luogo in cui realizzare la piscina fitodepurata, si può procedere con lo scavo. Non esistono forme da preferire ma suggeriamo che la biopiscina abbia una forma organica, morbida: una forma squadrata e spigolosa si adatta meno bene ad essere integrata nell’ambiente e non appare naturale. In ogni caso si consiglia che lo scavo abbia una profondità compresa tra uno e due metri e si estenda idealmente su una superficie di 100 mq.

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Le aree del biolago

Le piscine fitodepurate sono divise sempre in due sezioni: una dedicata alla balneazione entrambe coperte da un telo impermeabile che può essere nascosto sotto ghiaia o ciottoli.

  • L’area dedicata alla balneazione:  Qui le piante acquatiche non sono presenti affatto. In questa zona si completa l’ossigenazione dell’acqua.
  • L’area dedicata alle piante fitodepuranti:  l’area della fitodepurazione deve estendersi per una superficie pari a circa il 30% di quella della piscina e deve essere collocata preferibile più in alto dell’area per la balneazione. In questo modo l’acqua, scorrendo dalla zona della fitodepurazione verso la piscina, genera delle piccole cascate, che favoriscono l’ossigenazione dell’acqua.

È importante che, al confine con la zona balneabile, siano presenti anche delle aree spondali periferiche meno profonde che contribuiscano alla rigenerazione dell’acqua.

Completa l’impianto anche una pompa di ricircolo, indispensabile per il ricircolo dell’acqua all’interno di un circuito chiuso, eventuali sistemi per raccogliere le foglie in superficie ed altri accessori a seconda della preferenza dell’utilizzatore.

Accessibilità universale delle costruzioni: progettare per le disabilità

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L’architettura deve necessariamente tenere in considerazione le esigenze di utenti che non possiedono, o possiedono solo in parte, le abilità necessarie alla fruizione completa e sicura dell’organismo edilizio. Analizziamo quindi i riferimenti normativi per l'accessibilità delle costruzioni, e dei progetti che dimostrano che è possibile garantire la fruibilità delle opere ai disabili senza rinunciare al valore architettonico dell'opera. 

In copertina: rampe a Venezia.

PASSERELLE IN LEGNO PER LA FRUIBILITÀ DELLA COSTA

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Riferimenti legislativi per l'accessibilità delle costruzioni

La legislazione italiana regola l’accessibilità delle costruzioni mediante il D.M.236/89 che stabilisce in modo preciso alcuni parametri. Il decreto infatti distingue le costruzioni in tre categorie di fruibilità:

  1. Accessibilità. Con "accessibilità" si intende la possibilità per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruire di spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.
  2. Visitabilità. Con questa seconda categoria, la visitabilità, il legislatore intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. In altre parole, la persona può accedere in maniera limitata alla struttura, ma comunque le consente ogni tipo di relazione fondamentale.
  3. Adattabilità. Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito, intervenendo senza costi eccessivi, per rendere completamente e agevolmente fruibile lo stabile o una parte di esso anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Esempi di buona progettazione

caption: Il “Padiglione Infanzia” progettato da Esaù Costa Perez, Milano.

Per le nuove costruzioni, oltre a queste caratteristiche normate per legge, si parla oggi sempre più di accessibilità universale. Per accessibilità universale si intende l’accessibilità di un edificio da parte di tutte gli utenti indistintamente, senza relegare la funzione di “superamento della barriera architettonica” a espedienti costruttivi o impiantistici che tendono ad “ospedalizzare” l’edificio, discriminando le diverse tipologie di utenti.

Facile da capire è che una rampa ben progettata è fruibile sia da persona con normale mobilità che da persona disabile mentre una scala corredata di montascale laterale risulta scomoda per il disabile, costosa in termini impiantistici e non soddisfacente dal punto di vista estetico.

caption: passerelle pedonali nei Mercati Traianei dello studio Nemesi, Roma.

Alcuni esempi di buona progettazione in tal senso possono essere riscontrati nel “Padiglione Infanzia”, progettato a Milano dallo studio spagnolo Esaù Costa Perez (2014) o nel sagrato della chiesa della Parrocchia della Madonna di Fatima a Torino dell’architetto Andrea Bella.

Per quanto riguarda i luoghi storici e di interesse monumentale esistono validi esempi di progettazione come le passerelle pedonali progettate ai Mercati Traianei a Roma tra il 1999 e il 2001 dallo studio Nemesi o l’organizzazione dei percorsi museali presso il duomo di Aquileia.

Non una sola disabilità

La buona progettazione e la corretta messa in opera deve inoltre tenere in considerazione tutte le disabilità, o almeno il maggior numero possibile. Comunemente infatti siamo abituati a pensare solo alla disabilità motoria di chi non può percorrere le scale e ai relativi presidi che risolvono il problema.

Le disabilità però sono molte e diverse: per esempio la disabilità uditiva o visiva, non necessariamente si parla di cecità completa, può rendere difficoltosa la fruizione di luoghi pubblici invece agevoli per il disabile motorio. Si pensi per esempio a luoghi con scarsa illuminazione, con percorsi poco segnalati o con sporgenze o dislivelli non evidenti dal punto di vista visivo.

Anche nei musei o in particolari esposizioni spesso si ricreano, per creare effetti suggestivi, locali bui o con proiezioni video o specchi talvolta disorientanti già per un utenza visivamente normodotata.

caption: Padiglione Italia a Expo 2015, Milano.

caption: ponte su un canale di Venezia.

Una progettazione che tenga conto di tutto ciò è quindi da auspicare per ogni nuova costruzione, specialmente pubblica o di fruizione collettiva. 


AAA svendesi abitazione pneumatica griffata NASA

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Con un budget per ricerca e sviluppo multimilionario (per la precisione, 18,5 miliardi nel 2015), la NASA è probabilmente il più grande generatore di tecnologia al mondo. La crisi mondiale arriva però fino ai più potenti ed ora l’Ente aerospaziale americano deve “fare cassa”.  Come in ogni sistema, anche i brevetti sono soggetti alle leggi della selezione darwiniana: ci sono i brevetti di serie A, quelli che fanno gola alle grosse multinazionali, assicurando alla NASA il finanziamento dei progetti di lunga portata, ed una miriade di brevetti di serie B, potenzialmente interessanti per la società civile ma rimasti orfani di capitali che ne consentano il loro ingresso nel mercato. Con lo scopo di non lasciare che il know how acquisito diventi lettera morta, la NASA ha dunque varato un’iniziativa di trasferimento tecnologico nel più puro stile marketinaro americano, con lo slogan:Technology Transfer Program. Bringing NASA technology down to Earth” (Programma di trasferimento tecnologico. Riportando alla Terra la tecnologia della NASA).

In copertina: The American Dream... la casa a forma di ciambella!

BREVETTI ITALIANI: I VETRI IDROREPELLENTI ISPIRATI AI FIORI DI LOTO

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Tecnologie e brevetti NASA

Le regole del gioco delle “svendite tecnologiche” sono semplici: tutto l’anno è stagione dei saldi e non c’è necessità di fare la fila. Basta andare nel sito della NASA, dove le aziende interessate possono passare in rivista le diverse tecnologie, coperte da brevetto, che l'ente aerospaziale offre in licenza gratuita per i tre primi anni.

Le condizioni per beneficiare di tale agevolazione sono le seguenti:

  1. essere una startup costituita appositamente per commercializzare la tecnologia di cui si richiede la licenza;
  2. la NASA rinuncia ad ogni diritto iniziale e non richiede una royalty minima durante i primi tre anni;
  3. la proprietà dei brevetti, e dunque anche le spese di mantenimento brevettuale e di difesa in caso di violazione dei diritti da parte di terzi, rimangono a carico del Governo statunitense;
  4. le licenze non sono esclusive, quindi più aziende possono acquisire la stessa tecnologia, a meno che il primo richiedente non negozi l’esclusività in cambio di una royalty addizionale;
  5. il personale ed i laboratori della NASA sono a disposizione delle startup per ulteriori perfezionamenti;
  6. con la prima vendita, la NASA inizia ad incassare una royalty, che viene utilizzata per il mantenimento della struttura;
  7. le aziende beneficiarie sono soggette a delle limitazioni delle politiche federali (leggasi: la tecnologia non può essere venduta alle potenze anti-americane e loro alleate) e all’obbligo di presentare dei rapporti periodici sui progressi fatti dalla startup beneficiaria per l’ingresso nell mercato della tecnologia acquisita.

Una volta scelto il brevetto d’interesse, a questa pagina è possibile scaricare i moduli di domanda.

L'abitazione pneumatica

Abbiamo trovato per i nostri lettori un'intrigante tecnologia di abitazione pneumatica chiamata Concentric Nested Toroidal Inflatable Habitat (Habitat Pneumatico a Toroidi Concentrici). L’invenzione è coperta dal brevetto USA No. 8.070.105.caption: sezione della casa-ciambella

Sorge spontaneo domandarsi: come mai una tale banalità ha ottenuto un brevetto? Le strutture pneumatiche sono note da almeno mezzo secolo. Le forme basilari realizzabili con un sistema sottoposto a pressione sono una diretta conseguenza del principio di Pascal: sfera, cono, e toroide. Ogni altra forma sarà sempre una combinazione delle suddette, o nel migliore dei casi una combinazione di calotte sferiche o cilindriche, come nel caso dei paraglider.

Quindi il fatto di unire più toroidi concentricamente non ha niente di innovativo. Inoltre risulta abbastanza dubbiosa l’affermazione della NASA che una struttura del genere possa essere utilizzabile nella Terra come abitazione in zone remote o inospitali, semmai andrebbe bene per girare un film di fantascienza in uno studio. Come andrebbero regolate la temperatura e la ventilazione, se non a scapito di un consumo energetico sproporzionato? Come farebbero a scorrere l’acqua piovana, o la sabbia o la neve, che si accumulerebbero nelle giunzioni fra i tori concentrici? Come fornire la pressione sufficiente per controbilanciare tale carico? Come evitare la lacerazione delle membrane, causata dalle tensioni concentrate agli ancoraggi in caso di forte vento?

Mai come in questo caso è risultato vero il vecchio proverbio “Non è oro tutto ciò che luccica”. Nell’opinione dell’Autore, almeno per quanto riguarda i brevetti che lo stesso è in grado di valutare, come quello oggetto del presente articolo e altri simili esposti nel sito in questione, l'“agevolazione” della NASA per le startup non è tale. Anzi, sembra piuttosto un pericoloso miraggio che porterebbe i giovani imprenditori nel vicolo cieco dello sviluppo di prodotti fine a sé stessi, carenti di mercato. Non a caso si tratta di una svendita di brevetti di “seconda scelta” e si sa che la qualità del low cost non è sempre la migliore.

Sistemi strutturali in legno senza colle

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La crescente attenzione alla sostenibilità in campo architettonico negli ultimi anni ha avvicinato i progettisti a materiali e tecnologie rispettose dell’ambiente. In quest’ottica, il legno ha subito una riscoperta come materiale da costruzione sostenibile nonché strutturalmente molto valido ed esteticamente gradevole. È stato stimato che ogni metro cubo di legno utilizzato in sostituzione di un altro materiale strutturale permette di ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera di un valore medio di circa 1,1 t.

Sposando la filosofia della sostenibilità, Marlegno ha brevettato TAVEGO®, un sistema costruttivo in legno che prevede elementi orizzontali e verticali (solai e pareti) costituiti da tavole in legno sovrapposte ed unite tra loro senza utilizzare collanti sintetici, ma solo connessioni meccaniche lignee o d’acciaio.

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I PUNTI DI FORZA DEL SISTEMA STRUTTURALE IN LEGNO SENZA COLLE

I punti di forza di questo sistema strutturale sono tanti. Ne analizziamo i principali, legati sia all’ambiente, sia alle caratteristiche strutturali che funzionali del prodotto.

1. La materia prima è locale e certificata PEFC

Il legno utilizzato per le pareti ed il solaio che costituiscono il sistema, proviene unicamente da foreste italiane certificate PEFC. Il PEFC è il “Programme for the Endorsement of Forest Certification”, cioè un programma che sostiene la certificazione delle foreste ed è il più diffuso al mondo. Il programma garantisce che i legnami provengano esclusivamente da foreste gestite in maniera legale e sostenibile e non da tagli illegali o da interventi irresponsabili in grado di impoverire e addirittura distruggere le risorse forestali).

Le foreste da cui deriva il legno impiegato per il sistema strutturale rientrano tutte all’interno di un raggio di 220 km. Questo, oltre a favorire la filiera economica locale, consente di ridurre i consumi energetici legati al trasporto ed i relativi impatti sull’ambiente.

2. L’assenza di collanti

I collanti non fanno parte di questo sistema strutturale, tenuto insieme da connessioni meccaniche esclusivamente lignee e metalliche. L’assenza di collanti ha un triplice vantaggio:

- riduce l’utilizzo di collanti chimici derivati dal petrolio;

- evita l’impiego di presse molto dispendiose dal punto di vista energetico e necessarie per l’attivazione dei collanti;

- rende gli ambienti in cui il sistema è installato, molto più salubri.

3. Ingombri minimi

Il sistema strutturale in  legno TAVEGO® non necessita di grosse sezioni per essere stabile. Bastano pochi centimetri di tavole unite tra loro per assicurare la necessaria resistenza strutturale. La bellezza del materiale naturale lasciato a vista consente di risparmiare centimetri (spesso preziosi) di rifiniture.

4. Il ciclo di vita

Il sistema è sostenibile durante tutto il suo ciclo di vita, non solo in fase di produzione ed utilizzo. Infatti può essere sia riutilizzato mantenendo intatti i pannelli, sia smontato ed i singoli pannelli che compongono il pacchetto utilizzati singolarmente, sia smaltito in una centrale a biomassa, dove contribuirà alla produzione di energia pulita.

PARETE PORTANTE E SOLAIO PREFABBRICATO IN LEGNO

Gli ementi principali del sistema costruttivo TAVEGO® sono una parete portante ed un solaio prefabbricato, entrambi prodotti esclusivamente sfruttando connessioni meccaniche.

La parete portante

La parete portante in legno di abete rosso e bianco, è prodotta in quattro diverse tipologie, divisibili in due principali categorie: le pareti costituite da pannelli verticali (Cross-) e quelle costituite da un nucleo verticale (Stack-).

Del primo tipo sono prodotte Cross-D e Cross-S, rispettivamente assemblate con tasselli in legno di faggio e viti in acciaio inox amagnetiche, entrambi con spessore minimo di 120 mm. Nel secondo tipo rientrano Stack-W e Stack-G, entrambe costituite da un nucleo ligneo verticale, l’una rivestita con perlinato, l’altra con fibrogesso

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Il solaio prefabbricato

I solai prefabbricati TAVEGO® sono costituiti da tavole in legno affiancate tra loro. Anche il solaio, come le pareti, è assemblato unicamente con connessioni meccaniche (viti in acciaio inox autenitico), senza collanti. Le dimensioni dell’elemento costruttivo non sono standard e variano per adattarsi alle esigenze dell’utente. Sono disponibili diversi profili: classico, smussato, scanalato o alternato.

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Le città europee più vivibili per gli anziani. L'analisi di Arup

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Se ne parla da tanto e non è una novità: la popolazione sta invecchiando e questo rappresenta una delle sfide più ardue dei prossimi anni, da affrontare a livello economico, sociale e di pianificazione urbanistica.

Secondo le stime, nel 2050 il 70% delle persone abiterà in città, di queste il 22% avrà un’età superiore ai sessantacinque anni, una percentuale più alta di quella dei bambini sotto i quindici anni, per la prima volta nella storia. Come affrontare questo cambiamento? Le città saranno in grado di dare una risposta, trovare una soluzione giusta e cogliere le opportunità?

PROGETTARE SMART CITY ANCHE PER GLI ANZIANI

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Il report di Arup per città a misura di anziani

A queste domande prova a rispondere il report di Arup, “Shaping Ageing Cities”, in collaborazione con Help Age International, Intel ICRI Cities e Systematica. Shaping Ageing cities è uno studio che riguarda il solo territorio europeo e confronta i dati di dieci città: Parigi, Londra, Dublino, Madrid, Lisbona, Amsterdam, Bruxelles, Milano, Berlino e Copenaghen.

Si parte dai dati anagrafici della popolazione che riguardano la percentuale degli over sessantacinque, le condizioni di vita, la concentrazione nelle varie aree e si approda ai dati progettuali, cioè la presenza o meno di programmi e progetti dedicati agli anziani, in un’ottica di pianificazione urbana.

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L’indagine ha evidenziato un aumento smisurato della popolazione anziana, negli anni dal 1991 al 2012, soprattutto in Spagna, Portogallo, Germania e Italia, conseguentemente a un forte calo delle nascite. Al contrario, il nord e in particolare la Danimarca, hanno una popolazione notevolmente più giovane.

Altro dato interessante è quello che rileva il passaggio abitativo dai centri rurali alle zone urbane, dove gli anziani vivono soprattutto in centro città a Lisbona, ma a Milano e Madrid preferiscono le zone dell’hinterland.

Dunque come si fa a costruire o, meglio, trasformare una città a misura di anziani? Arup fornisce alcune linee-guida meritevoli di particolare attenzione.

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L’importanza del verde

Innanzitutto la presenza di spazi verdi è di fondamentale importanza per quelle persone avanti con gli anni, non solo perché costituiscono una risorsa per il benessere psico-fisico, ma soprattutto perché rappresentano luoghi di socializzazione e d’incontro dove trascorrere il tempo libero e trovare refrigerio nei mesi estivi. Londra si classifica al primo posto con l’11,2% di aree verdi, mentre Milano è il fanalino di coda con solo il 6%.

L'accessibilità

L’accessibilità è un altro aspetto da non sottovalutare: una città attenta è quella che cura la manutenzione di strade e infrastrutture, non risparmia su panchine e coperture alle pensiline dei bus, offre una segnaletica evidente e chiara, zone di sosta e di ristoro, percorsi pedonali senza ostacoli e facilmente percorribili.

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Efficienza dei trasporti pubblici

Anche il buon funzionamento del trasporto pubblico, utilizzato maggiormente da chi giovane non è più, è indice di una città efficiente. Una città virtuosa deve garantire collegamenti frequenti e ben distribuiti, oltre che accessibili economicamente; Londra e Dublino sono in prima fila con la “best practice” del libero accesso ai meno abbienti e agli anziani.

Adeguatezza delle abitazioni

Infine, ogni abitante ha diritto di vivere dignitosamente; se in età più giovane le condizioni abitative soddisfavano certi parametri, questi potrebbero non valere più in età avanzata, perché con il passare degli anni le esigenze abitative di ogni essere umano cambiano. Deve quindi poter essere facile per questa fascia di età trasformare gli spazi domestici in luoghi più idonei ai nuovi bisogni.

Muro di Trombe: origini e applicazioni più innovative

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Il muro di Trombe è uno dei più noti sistemi solari passivi a guadagno indiretto. Fin dalle sue origini il sistema è stato protagonista di una serie di applicazioni su diversi edifici e successive sperimentazioni, la cui conseguenza negli anni è stata l’ideazione di nuove moderne configurazioni del sistema di Trombe, studiate con lo scopo di implementarne l’efficienza.  

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Muschio: i vantaggi per l’ecosistema e le installazioni sui tetti verdi

Quando si applica l’IVA agevolata al 10% per le ristrutturazioni edilizie

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Su che tipo di lavori di ristrutturazione edilizia è possibile usufruire dell’IVA agevolata al 10%? E per quali si applica invece il regime ordinario dell’IVA al 22%?

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Verso una metodologia europea per ottimizzare i costi di costruzione

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Alla ormai nota Energy Roadmap, la Commissione Europea (CE) intende affiancare la metodologia Cost-Optimal methodology per comparare i costi delle varie soluzioni progettuali a parità di prestazioni energetiche ottimali degli edifici, e relativi componenti, calcolati ai sensi dell’art. 5 della Direttiva UE 2010/31.

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Cities Alive di Arup: i benefici di involucri vegetali per città più sostenibili

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È possibile che l’ammodernamento del paesaggio urbano, tramite l’utilizzo della vegetazione, sia in grado di migliorare il benessere e la salute degli abitanti della città? Possiamo utilizzare le facciate verdi per ridurre il consumo energetico e migliorare la qualità dell’aria ed il benessere delle persone? Arup risponde a queste ed altre domande con il report Cities Alive. 

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L’innovazione dei serramenti in legno e sughero

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Il mercato degli elementi che costituiscono l’involucro di un edificio è stato oggetto negli ultimi anni (e lo è tuttora) di una forte spinta innovativa dovuta alla necessità dei produttori di adeguarsi alle sempre più stringenti normative in materia di efficienza e risparmio energetico.

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Case in legno prefabbricate nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo

Edilizia e sostenibilità: il report dell’INBAR di Lucca

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Lo scorso 18 maggio, con una conferenza promossa dall’Istituto Nazionale di BioARchitettura e patrocinata da Regione Toscana e Provincia di Lucca, è stato ufficializzato il report “Edilizia e sostenibilità - Rapporto sull'applicazione di criteri di sostenibilità nei regolamenti edilizi della Provincia di Lucca”. Scopo della ricerca voluta dall’INBAR di Lucca è stato quello di approfondire l’applicazione degli indirizzi nazionali e regionali relativamente alle norme per l’edilizia sostenibile, valutando una serie di parametri di sostenibilità energetica e ambientale. Il quadro generale che viene restituito dal report è piuttosto differenziato, anche alla luce del Regolamento Edilizio Unico Nazionale che le amministrazioni locali, nella loro funzione di pianificazione e regolamentazione dell’attività edilizia, devono recepire prestando attenzione all’incentivazione dello sviluppo sostenibile del territorio e all’aumento della sostenibilità ambientale ed energetica.

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Vademecum per la progettazione dello spazio pubblico inclusivo

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